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da “La Voce del Popolo” di Fiume

di Rossana Poletti

Al Palazzo Ferdinandeo di Trieste ha avuto luogo una conferenza del prof. Egidio Ivetic intitolata «Mediterraneo, frontiera tra il Sud globale e l’Occidente»

Trieste. Palazzo Ferdinandeo. Organizzata dall’Università Popolare di Trieste, in collaborazione con il MIB Trieste-School of Management, la conferenza del prof. Egidio Ivetic sul tema del “Mediterraneo, frontiera tra il Sud globale e l’Occidente” è stato introdotto dal prof. Stefano Pilotto alla presenza di numerose autorità, tra le quali il presidente dell’UPT, Edvino Jerian, e l’on. Felice Žiža. Pilotto ha parlato di geopolitica, scienza nata nei paesi nordici, che prese piede nella prima metà del 900 e che la Germania utilizzò, intendendo il principio come sua necessità di spazio vitale, e fu la guerra.

Una nuova guerra fredda
“Nessuno parlò più di geopolitica per lungo tempo – ha ricordato Pilotto –. Oggi la si pone al servizio dello sviluppo. La geopolitica è una disciplina che si avvale della storia e di storia ne serve molta per affrontarlo. Basti pensare quanto fu importante papa Woytila per la caduta del muro di Berlino. Per noi l’Europa è il centro del mondo, nella realtà c’è una nuova guerra fredda tra Occidente e i Paesi cosiddetti BRICS. Non è una divisione territoriale, nord-sud o est-ovest, tant’è che nell’Occidente ci sono anche Giappone, Australia, e dall’altra parte la Cina. Problemi di natura geopolitica sono la scarsità di acqua e altre risorse, gli accessi al mare. Non dimentichiamo la Libia, governata da più autorità, e i Balcani, dove ci sono ancora questioni aperte. Ma poi c’è il Mediterraneo – ha concluso Pilotto – su cui si è concentrata l’analisi di Egidio Ivetic”.
Raccontando di sé stesso il professor Ivetic ha affermato che la sua grande passione è da sempre la storia del mare. Studia il Mediterraneo da quarant’anni, da quando nel 1985 moriva il professor Fernand Braudel, il maggior studioso dell’argomento. “La riflessione sul sud-nord rientra – ha ricordato – sull’analisi di cosa sia il Mediterraneo storico, disciplina recentissima che è stata avviata appena dal 2000. Sviluppatasi rapidamente in ambito angloamericano, è approdata molto tardi in Italia, Paese che sta tutto nel Mediterraneo e che ha Venezia, che è stata al centro della storia di questo mare. Gli studiosi locali hanno faticato a comprenderne l’importanza”.

Un dado concentrato della complessità
Ivetic ha affermato di non essere un geopolitico, neppure un analista, ma che di Mediterraneo si deve parlare oggi, conoscendo i precedenti del passato. Solo negli anni 90, quando scoppiarono le guerre in Jugoslavia e i reporter raccontavano quello che succedeva, chiedendosi come fosse possibile che questa gente si ammazzasse ancora, fu evidente che la storia condiziona pesantemente, “la storia come un fantasma sui popoli”. Si analizzarono i motivi più profondi.
“I Balcani – ha detto Ivetic – sono un dado concentrato della complessità, che nel Mediterraneo è più ampia, ma il mare attenua quello che nei Balcani non può essere attenuato. Come si fa a parlare la stessa lingua ed essere avversari? Ci sono diverse civiltà che hanno operato su quei territori, quella ottomana ha lasciato un segno profondo. Infatti le due ali dell’impero ottomano, i Balcani e la Siria, sono ancora in fermento. La faglia tra est e ovest dell’Europa tra parte latina e bizantina ortodossa, potrebbero sembrare sfumature, eppure è successo quello che è sotto i nostri occhi. Negli anni 70 la microstoria era importante e di moda, ma con lo scoppio della guerra in Ucraina dobbiamo analizzare la grande storia, il passato di quelle terre: nel 300 quando da russe finirono nell’impero lituano e poi nel 700 di nuovo alla Russia”.

La distinzione tra nord e sud
La distinzione tra nord e sud passa per la frontiera del Messico e nel Mediterraneo. Dopo la seconda guerra mondiale a Willy Brandt fu chiesto di fare un report sulla disuguaglianza globale. Non si poteva andare avanti con la pesante disparità tra chi sta bene e chi sta male. Nel nord globale Brandt mise anche l’Unione Sovietica e i suoi satelliti, nel sud tutti i Paesi non industrializzati, come Cina e India che facevano fatica, mentre in Africa si moriva per le carestie e la siccità e in America latina l’Argentina crollava.
Nel contempo l’Italia era diventata la quinta potenza economica mondiale. Negli anni duemila a seguito della delocalizzazione alcuni Paesi sono cresciuti. “Nel sud non c’è più la povertà di quarant’anni fa – ha affermato Ivetic –. Con la Russia, che ha cambiato strategia, si è riproposta la spaccatura tra est e ovest ed è passata nel sud del mondo, che non è più geografia. Dopo la caduta del muro di Berlino e dopo un periodo in cui prende piede la globalizzazione, in cui si crede che tutto il mondo si omologherà all’occidente, nel 2001 cadono le torri gemelle. È l’inizio di una nuova fase: due guerre sono conseguenti, Afghanistan e Iraq. I talebani, quelli del sud globale, hanno vinto quasi senza tecnologia complessa, con pick up e cellulare.
Il Mediterraneo è stato il punto d’incontro e di scambio – ha proseguito Ivetic – quando c’era gerarchia di rapporti tra le due sponde. A partire dal dualismo delle due anime, occidente e oriente, greci e persiani che si scontrarono nella battaglia di Salamina, quando l’impero persiano era smisurato rispetto al Mediterraneo. Poi ci fu il dualismo tra cristiani e islam con Carlo Magno, il momento migliore del mondo arabo, allocato nell’Andalusia attorno all’anno 800. Nella seconda parte del Medioevo si affermarono le repubbliche marinare, Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Restarono le ultime due a dominare il mare, senza colonie ma con una struttura gerarchica di controllo. La lingua franca si espanse e con essa una circolazione culturale. Gli arabi che avevano il controllo dell’oceano Indiano, dove incontravano i cinesi, si ritirarono dal Mediterraneo. Alla fine del 400 arrivarono i turchi ed emerse una divisione netta. I corsari barbareschi poi terrorizzavano il sud dell’Italia, le isole Baleari, anche i borghi liguri furono fortificati. Attuavano rapimenti e riscatti, fino al 1830 quando i francesi, occupando Algeri, posero fine a questa attività criminale”.

Lunghi periodi di pace
Venezia fu in grado di dialogare con gli “altri”, capace di lunghi periodi di pace. La sua caduta del 1797 dimostrerà che fino a quel momento era stata un grande potenza mediatrice. L’oriente faceva paura, da lì arrivava la peste, ma Venezia era stata in grado di mettere in atto azioni di protezione. Con Napoleone l’Europa diventò una categoria di civiltà, perché il generale non aveva paura della peste. Nel 1914 l’oriente è completamente domato dall’occidente. La caduta dell’impero ottomano porta con se lo smembramento della Siria, con la successiva nascita del Libano, protettorati che non consentono lo sviluppo autonomo di queste realtà. I tedeschi scoprono l’archeologia, gli orientali consideravano cumuli di pietre, quelli che diventano scavi.

I luoghi delle origini
“La cultura classica sta alla base dell’occidente e quelli sono i luoghi delle origini. L’Europa è la parte che domina con la modernità, l’organizzazione per nazioni, l’imperialismo. Situazioni oggi condannate dagli studiosi – ha detto Ivetic – perché è proprio da esse che le popolazioni arabe sviluppano la propria identità nazionale. Con la Seconda guerra mondiale crolla l’impero britannico, la Francia è costretta ad abbandonare l’Algeria nel 1962, mentre Portogallo, Spagna e Jugoslavia sono dittature e i paesi arabi indipendenti sono di tipo socialista.
E poi negli anni duemila arrivano la primavere arabe e la situazione cambia radicalmente, mentre non esiste una politica europea per il Mediterraneo, pur essendo in Europa sia Malta che Cipro. I pil europei sono nettamente superiori mentre è inferiore il numero di abitanti. C’è infatti un problema di demografia. Braudel aveva calcolato, per la seconda metà del 500, che nel Mediterraneo c’erano 60 milioni di abitanti: 38 tra Francia, Italia, Spagna e Portogallo, solo 22 nell’impero ottomano dove la mortalità era incredibile. Oggi nei Balcani non si arriva a 40 milioni, mentre Turchia ne fa 82, l’Egitto 110, più di Italia e Spagna assieme, Marocco, Tunisia e Algeria 93. Questo problema pone una riflessione per l’Europa i cui corpi nazionali non sono più tali con le migrazioni.
Il sud globale non è una cosa unica, conflittuale, non è geografia generalizzata, ma sono Paesi uniti dall’avversione verso la cultura occidentale. E ora la tecnologia e il progresso sono anche di altri, come Cina e India. Si pone quindi il problema di una modernità alternativa, l’occidente non è più la cultura pilota. ‘Ci facciamo la nostra cultura, abbiamo la tecnologia che serve’ affermano. L’Islam poi a differenza di noi – ha concluso Ivetic – non sente la condizione del futuro, è solo presente e Dio. Una dimensione da cui l’occidente è uscito dal Rinascimento. L’utopia, tipica dei nostri grandi pensatori, non c’è nel mondo islamico. Quindi è fondamentale oggi capire come stanno le altre culture”.

L’evento ha attirato un folto pubblico.
Foto: ROSSANA POLETTI